Tutto è stato dato a me dal Padre mio.
VENERDÌ 19 GIUGNO (Mt 11,25-30)
Il Vangelo non è una fiaba antica, passata di moda. Esso è profezia dal valore eterno e immodificabile. La professione di fede di Pietro merita ogni rispetto: “Penso perciò di rammentarvi sempre queste cose, benché le sappiate e siate stabili nella verità che possedete. Io credo giusto, finché vivo in questa tenda, di tenervi desti con le mie esortazioni, sapendo che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come mi ha fatto intendere anche il Signore nostro Gesù Cristo. E procurerò che anche dopo la mia partenza voi abbiate a ricordarvi di queste cose. Infatti, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria: «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento». Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino. Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana è mai venuta una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono alcuni uomini da parte di Dio” (1Pt 1,12-21). Chi dichiara oggi il Vangelo una favola artificiosamente inventata, si rende responsabile di tutto il male che è nel mondo, perché solo Cristo e la sua Parola possono creare l’uomo nuovo.
Applichiamo a noi quanto rivela la Lettera agli Ebrei sui martiri per la fede nella Parola di Dio: “E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti; per fede, essi conquistarono regni, esercitarono la giustizia, ottennero ciò che era stato promesso, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, sfuggirono alla lama della spada, trassero vigore dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri. Alcune donne riebbero, per risurrezione, i loro morti. Altri, poi, furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, subirono insulti e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, tagliati in due, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati – di loro il mondo non era degno! –, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra. Tutti costoro, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi” (Eb 12,32-40). La falsità crea carnefici, mai martiri. Solo la verità crea i veri martiri e i veri confessori della fede. Quanto Gesù dice di sé, è purissima verità. Per questa sua verità Lui è stato crocifisso. Per la stessa verità abbiamo milioni e milioni di martiri e confessori della fede. Milioni e milioni di martiri invisibili che consacrano la loro vita a Cristo nel grande sacrificio.
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Oggi questa verità di Cristo Gesù è negata, non con negazione teorica, bensì con rinnegamento pratico. Ci si guarda bene dal dire che non si crede in Cristo Gesù. Ma poi la nostra vita rivela che non vi è alcuna fede in Lui. Possiamo anche non credere in Lui. Poiché solo Lui è la pace e la consolazione, il ristoro e il conforto, la storia sempre ci attesterà la nostra non fede. L’inferno del male ci consuma e tutti i nostri rimedi sono inefficaci. La cancrena morale e spirituale avanza, ma i nostri rimedi sono tutti vani.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano ritorni nella purissima fede in Cristo.
Si ringrazia per la concessione movimentoapostolico.it
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